Secondo gli insegnamenti di Kenneth Wapnick

D 1325 La mia cara, amata figlia era solo un’illusione?

 

D #1325: Sto lottando con alcuni principi metafisici di Un corso in miracoli, cose che non riesco ancora a comprendere o forse che non voglio accettare. Il Corso dice che tutto ciò che percepiamo è un’illusione che noi facciamo. Ha anche molto da dire sul ruolo dell’ego nelle nostre “relazioni speciali”. Undici anni fa ho perso la mia unica amata figlia a causa della leucemia ed è molto difficile per me credere che fosse soltanto un prodotto della mia immaginazione. Mi rendo conto che siamo tutti uno e che non c’è alcuna individualità nel momento in cui riconosciamo la nostra unità con Dio e torniamo pienamente a Lui Mentre scrivo ciò vedo che sono abbarbicata alla sua individualità tanto quanto alla mia, e questo non mi porterà dove voglio andare. Potete aiutarmi a vedere ciò in un modo più illuminato? In qualche modo riconoscere che lei è soltanto una identità che ho inventato io è una cosa dolorosa per me poiché mi manca e la amo ancora moltissimo. Inoltre, lei esiste semplicemente nella mia immaginazione dal momento che non può essere osservata direttamente?

 

R: No, tua figlia non è semplicemente un prodotto della tua immaginazione. Quando parliamo di identità inventate, non parliamo di un corpo che immagina l’esistenza di un altro corpo, una madre che immagina di avere una figlia. Questo va inteso ad un livello totalmente differente. È necessario che tu lo riporti al livello della mente, uno stato di astrazione che questa stessa mente ha nascosto e sostituito con un sé legato agli specifici. Questo è il motivo per cui praticamente nessuno di noi riesce a relazionarsi alla propria identità di mente (L.pI.11.2). Nella frase “tutto ciò che percepiamo è un’illusione che noi facciamo” il “noi” è la mente che si è identificata con il sistema di pensiero dell’ego, non l’essere umano fisico/psicologico che pensiamo di essere.

E intessuto in questo inganno c’è il bisogno di assegnare ad un agente esterno di qualche tipo la responsabilità per questo stato di separazione e per le sue conseguenze, così che l’attenzione della mente non sia mai rivolta a se stessa, dove potrebbe rendersi conto che la sua scelta di seguire l’ego non valeva il prezzo che ha pagato. L’ego così progetta delle identità e delle relazioni che servano il suo scopo di preservare la sua vita.

Questo significa che quando la mente si identificherà con il sistema di pensiero dell’ego si scinderà in identità che formano relazioni che confermano che la separazione è reale e che accadono cose che sembrano non essere state scelte.

Conseguentemente facciamo esperienza di bisogni che devono essere soddisfatti col dolore della devastazione fisica e/o psicologica. È essenziale per la sopravvivenza dell’ego che questo scopo scelto coscientemente nella mente resti nascosto. La sua dinamica di proiezione raggiunge questo fine producendo esseri individuali senza mente non responsabili della loro esistenza e soggetti a forze al di là del loro controllo: un mondo di vittime e carnefici. Questo è il sogno di separazione che la mente non si rende più conto di sognare. E questo è il motivo per cui un importante focus di Un corso in miracoli è aiutarci a riguadagnare la nostra identità di menti che stanno sempre scegliendo, perché ciò che è stato anche sotterrato era l’altro sistema di pensiero nella nostra mente: la correzione di quello dell’ego, il ricordo della nostra vera Identità come Cristo.

Gesù ci guida pertanto in quella direzione sottolineando l’importanza di arrivare allo scopo che le nostre relazioni servono, qualcosa a cui la maggior parte di noi non penserebbe mai, differente dai termini dettati dal mondo.  Sperimenteremo una resistenza tremenda a questo cambiamento da forma a contenuto perché, essendoci identificati con l’ego, sentiremo che le nostre stesse fondamenta vengono minacciate e che tutto ciò che abbiamo pensato era sbagliato. Così dobbiamo fare piccoli passi e non pensare di poter rimbalzare di colpo nella nostra identità di spirito. Nella maggior parte di noi c’è di gran lunga troppa paura per poter fare quel salto repentino.

Gesù ci chiede solo di ricordare, quando possiamo, che c’è un altro modo di guardare ogni cosa nelle nostre vite, dove finiremo col sentirci in pace, indipendentemente da ciò che sta accadendo o è accaduto, diversamente dal modo dell’ego che finisce sempre col preservare separazione e conflitto. Applicato alle tue circostanze questo significa innanzitutto che non è sbagliato sentire la mancanza di tua figlia. Ad un livello sarebbe strano se non ne sentissi la mancanza: tu sei la madre, lei la figlia. Alle mamme mancano i loro figli. Ma ciò che Gesù insegna è che il modo in cui ti relazioni alla tua figlia deceduta riflette una scelta che hai fatto nella tua mente per la relazione: o di sostenere lo scopo dell’ego (separazione, corpo e morte sono reali) o di sostenere quello dello Spirito Santo (identità condivise, morte non ha alcun effetto sulla mente).

Egli chiede soltanto che tu sia aperta a ciò come ad una possibilità. Il “modo più illuminato” che stai cercando sarebbe così vedere come potresti usare la morte di tua figlia per portare avanti gli obiettivi dell’ego, e che puoi chiedere aiuto per cambiare quello scopo in uno di perdono. Questo non ti porterà ad amare meno tua figlia o a far scomparire la tua identità come sua madre. Ci sarà semplicemente una qualità differente in quelle esperienze e il tuo senso di perdita gradualmente scomparirà.

Per ulteriore discussione sull’approccio del Corso con la morte e il processo del lutto, vedi le Domande #15, #112 e #938. Se sei interessata ad una spiegazione completa della metafisica della separazione, vedi il secondo e terzo capitolo del libro di Kenneth All Are Called -- Vol. 1 of The Message of “A Course in Miracles”.